Il pullman di Napoli ha la sua finalità teorica di trasportare i passeggeri da una parte all’altra della città. Teoria ipotetica perché il corteo dei disoccupati, un giorno si e un giorno no, blocca le vie della città. A rendere più godibile il tragitto vi è l’intrattenimento musicale dovuto alla perizia di suonatori slavi di fisarmonica. Si dice che un audace napoletano riceva le scommesse dei cittadini a chi indovina il motivo eseguito. A tal proposito sono stati fatti appelli e pressioni alle autorità affinché l’autista, perennemente fermo nel traffico, accompagni col canto la fisarmonice. La canzone «Funiculi, Funicolà!» (Giuseppe Turco e Luigi Denza, 1880), descrive meravigliosamente l’affollamento dei mezzi pubblici quando recita: «Jammo, jammo, ‘ncoppa jammo ja’», riferendosi «’ncoppa» alla ressa per salire e scendere dai pullman dove «’ncoppa» sta nello slacciamento dovuto alla ressa. Una figura tipica dell’autobus partenopeo è il passeggero anziano che fa il vuoto intorno a sé quando cerca di rendere di pubblico dominio la sequela dei suoi malanni con descrizione accurata dei particolari più raccapriccianti delle sue avventure ospedaliere. La gestione delle fermate da parte dell’azienda di trasporto partenopea è singolare perché sono facoltative quelle di maggior afflusso, mentre sono obbligatorie quelle deserte. In cuor suo, l’utente napoletano non ama gli autobus puntuali perché quelli ritardatari gli permettono nel viaggio di ritorno di socializzare con gli altri viaggiatori. C’è chi, si dice, preferisce i pullman in ritardo perché coltiva il timore che tornando a casa puntuale possa trovare la moglie in dolce colloquio con un utente che ha preso l’autobus precedente. Caratteristica fisica del mezzo pubblico napoletano è che, nonostante l’acqua e la pioggia, non si restringe, anche se, si racconta, di un bus bagnato che diventato taxi. I pullman napoletani godono di un’indubbia protezione delle forze celesti. Infatti, a ogni fermata, vi è una carrellata di chiamate a santi e alle madonne per farli rendere partecipi e testimoni delle loro disavventure quotidiane. Un’altra cosa su cui riflettere è che
quando a Napoli si aprono le porte degli autobus sembra di assistere alla liberazione di ostaggi da parte di terroristi. La fuga diventa incredibile quando salgono i controllori, i quali pescano la vittima nel gruppo (della “serie adove coglio coglio”). In città circola, da un po’ di tempo, un aneddoto che conferma come il napoletano sia abile a uscire da situazioni imbarazzanti come quella di essere beccato sul pullman senza biglietto. Si racconta che un tale, mentre stava a bordo del 140, e tranquillamente discorreva con una signora in napoletano strettissimo, non accorgendosi dell’arrivo del controllore e rendendosi conto che la via di fuga era troppo lontana, abbia in un primo momento detto fra i denti «’e mmo che faccio» e, subito dopo, alla richiesta del biglietto da parte del controllore, abbia iniziato a sfoggiare uno spagnolo maccheronico, tirando fuori dal portafogli un biglietto di chissà quale paese.
Fatto sta che il controllore, credendolo straniero, non lo ha punito. La tattica di cambio di nazionalità, pare che sia in città tra le più gettonate per non pagare la multa.